- E’ possibile costruire giardini per il Regno di Dio? Sotto forma di racconto che alterna immagini suggestive a riflessioni problematiche, Il vangelo secondo mio nonno parla di esperienze realmente vissute, anche se descritte qua e là come fantastici sogni.
Un originale, allegro e appassionato modo d’interpretare la fede, un piccolo tentativo di fondere insieme sacro e profano, uno squarcio di cristianesimo esistenziale dove la morale applicata diventa misura di quella proclamata.
Attraverso il dialogo tra nonno e nipote, che rappresentano simbolicamente la coscienza e il futuro, emerge un intreccio di ricerca personale, amore coniugale e vita comunitaria dove spiritualità, scoperta teologica, fede e assistenza ai malati sono maturate attraverso anni di confronto quotidiano.
commenti In questo libro un nonno spiega
ad un nipote i fatti della vita: che cosa conta, chi è Dio, che cosa ci dice o
cosa vuole da noi, come affrontare i problemi della vita. Non c’è pressione o enfasi nelle
sue parole, ma tanta saggezza. Spesso, usa espressioni inattese, o paradossi.
Si parla di un cammino, di una scoperta progressiva. Sempre più sorpreso, a volte
disorientato, ma con crescente interesse, il nipote apre gli occhi su nuovi
orizzonti, che via via si allargano sempre più in là senza che apparentemente se
ne scorga mai la fine. Il nonno, infatti, contrariamente
alle aspettative legate alla sua anagrafe, non è un tradizionalista. Non è
attaccato a proposizioni dottrinarie e neanche a parole o gesti che si ripetono
meccanicamente. Si rivela invece come la persona che ognuno di noi avrebbe
desiderato come catechista. Il nonno così, senza parere,
quasi per caso, insegna al nipote cosa vuol dire essere cristiani. E allora scopri che il
cristianesimo non è un’adesione intellettuale a delle formule di fede.
Tutt’altro. E’ un’adesione profonda ad un modo di vivere. E’ dinamismo,
cammino, scoperta. E’, insomma, il contrario di stare fermo e adagiato su
tesori che si possiedono per sempre. E’ ricerca continua, incertezza, rischio. Nella
nostra crescita ci saranno anche inquietudine, allegria, e se procediamo a
tentoni o sbagliamo, non dobbiamo temere di offendere il Signore, perché Lui ci
comprende e non è suscettibile. La vita stessa è una continua trasformazione. Gradatamente il nipote fa delle
scoperte che incidono profondamente nel suo animo. Non dobbiamo aspettare i
miracoli. Siamo noi che dobbiamo farli. E il miracolo è fare propria la realtà
divina, incamerarla, o meglio lasciarcene assorbire, e poi tutto avverrà
conseguentemente. Così, siamo tutti delle note della meravigliosa armonia
divina. La realtà divina non si può descrivere come un fatto culturale, ma è
una verità relazionale, creata appunto continuamente dall’incontro con Dio e
con gli altri. La vita spirituale è una ricerca
continua, senza speranza di trovare una risposta definitiva. Coloro che cercano
Dio gli sono più vicini di coloro che pensano di averlo trovato e di possedere
la verità. Il nonno spiega che non bisogna
spaventarsi se la verità sfugge. Dà questa sensazione perché non la si può
descrivere in modo esauriente. E non c’è timore che tutto cada nel relativismo,
perché i punti fermi ci sono. Quali? Sono i frutti della nostra vita, di quello
che abbiamo saputo fare. Solo che vengono dopo. Per esempio, l’invito ad amare
è un punto fermo. Su questo puoi confrontare la validità della tua immagine
divina. E non c’è pericolo di strumentalizzazione, perché amare non è comodo. Dio è certamente singolare. Ci
aiuta e ci è vicino nell’affrontare il male. Ma non può impedirlo. Non lo fa
perché non è onnipotente nel senso che immaginiamo noi. Non è possibile,
infatti, immaginare un Dio che, potendolo fare, non abbia evitato le grandi
tragedie dell’umanità. Ce lo insegna anche molto bene la sconfitta di Gesù. Oltre a non essere onnipotente,
Dio non è un giustiziere, non è vendicativo, ma non è neanche impassibile.
Siamo noi che dobbiamo eliminare il male, estinguerlo, trasformandolo in bene
(ecco il miracolo…). Noi dobbiamo incontrare e vivere la verità, credendo nella
nostra coscienza. Narrativamente, il racconto fa
anche un uso accattivante di immagini fantasiose e suggestive. Dietro il nonno,
autobiograficamente c’è evidentemente l’autore. Come pure, ancora nella stessa
linea autobiografica, sullo sfondo si percepisce la vita di una comunità, un
gruppo di famiglie che hanno deciso di vivere insieme, mettendo in comune
progetti e momenti importanti di vita e di organizzazione pratica quotidiana. E’, infine, affascinante e
significativo, che questo testo contenga già chiaramente, in nuce, molti temi che saranno più ampiamente sviluppati ed
elaborati nei libri successivi di Antonio Thellung. Vincenzo Pezzino
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