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ti amo soltanto

non son poeta, ma però....

 

Non ho la presunzione
di credermi poeta
però nel corso dei lunghi anni vissuti
m’è capitato più volte di avvertire l’impulso
a scrivere versi
o qualcosa di simile.

Alcuni (fortunatamente?)
sono andati perduti.
Quelli rimasti, eccoli.

 

 

Non è una prefazione 

 

No, non è un poeta, come scrive lui per schermirsi (e un po’ anche per schernirsi). Non lo è, Antonio Thellung, abituato ad altre arti e forme del bello: alla prosa piana e scorrevole della narrazione; alla concretezza profetica dei saggi; all’intrigo visionario di figure senza volti delle sue sculture e dei dipinti.

Non lo è. Ma l’impulso di scrivere in versi non si può trattenere. Sorge spontaneo da animi che nel flusso vitale di decenni passati tra amori e dolori, successi e delusioni, inciampi e rilanci, si ritrovano a confrontarsi con le parole: le sole rimaste a farti compagnia quando a sera, in tanti, sono pronti a lasciarti.

 

E così che altro potrei (potremmo) fare?, Antonio, se non semplicemente dire con te eccomi, o non lo so, o alzati e vai, palesando le nostre incertezze di chi – come tutti – è sempre al confine tra il già e il non ancora, tra fatica e desiderio, per combattere quella noia che ci spinge, ogni mattina, a ripeterci fino a quando?.

 

Non è un poeta, Thellung, d’accordo: ma proprio per questo sentiamo più nostri i suoi versi, condivisi nell’intimo, come se avessimo voluto metterli al mondo noi, con altre parole, forse, ma con lo stesso sentimento di ricercata serenità che riempie, di lineare circolarità che ci riporta sempre alle origini, a un dubbio che presta il braccio alla certezza, alla domanda che contiene una possibile risposta, all’inquietudine che – scarta scarta – concede il primato alla Speranza: Ho cercato disperatamente/ cosa ho trovato? Niente./ E tuttavia quel niente è la speranza/ che senza scoraggiarsi, avanza.

 

No, non è un poeta, Antonio (e questo scritto, per dirla tutta, non è una recensione, né una prefazione, né niente se non un po’ di tempo concesso a chi ti regala, senza riserve, la sua stima).

 

Ma, a pensarci bene, chi mai potrebbe non dirsi poeta, se nelle leggi del “fare”, della poiesis, dell’invenzione creativa, ci arrabattiamo un po’ tutti, con fatica, per far sì che la nostra vita sia decorata di piccoli incanti, distribuiti nelle ore del quotidiano – ordinario – succedersi degli eventi?

 

                                                                                                                                           Vittorio Sammarco  




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